D’Annunzio: l’attività politica

 

Ad un certo punto della sua vita, D’Annunzio non si accontentava più delle eccezionalità di un vivere puramente estetico: vagheggiava anche sogni di attivismo politico. Per questo nel 1897, tentò l’avventura parlamentare come deputato dell’estrema destra, in coerenza con le idee affidate ai libri in cui esponeva il suo disprezzo per i principi democratici ed egualitari. Nel 1900 passò clamorosamente nelle fila della sinistra. Nel 1915, allo scoppio della guerra, D’Annunzio iniziò un’intensa campagna interventista e partecipo ad ardite imprese terrestri, navali ed aeree (la “beffa di Buccali”, il volo su Vienna). Nel dopoguerra D’Annunzio, animato da fiero spirito nazionalistico, si fece interprete dei rancori per la vittoria italiana, mortificata dalla mancata annessione all’Italia della città croata di Fiume (per questo ricordata come la “vittoria mutilata”): reclutando e capeggiando un notevole numero di volontari, marciò sulla stessa Fiume nel 1919. Qui istaurò un governo militare sfidando lo stato italiano ma dopo pochi mesi fu costretto dalle truppe governative ad abbandonare la città. Sperò allora di proporsi come “duce” di una “rivoluzione” reazionaria che riportasse ordine nel caos sociale del dopoguerra anche se fu scalzato da un più abile politico: Benito Mussolini.