Questa
poesia rappresenta lo sciogliersi del soggetto nel paesaggio attraverso una
valorizzazione del rapporto sensoriale con esso. Sorpreso con l’amata dalla
pioggia nella pineta nei pressi di Marina di Pisa, il poeta si concentra sui
suoni prodotti dal cadere dell’acqua sulle diverse varietà di vegetazione e dal
verso di alcuni animali, ricostruendo il tessuto sinfonico attraverso un
verseggiare frantumati, tramato di riprese foniche.
Il
testo rappresenta la consueta vicenda di fusione col dato naturale, fino alla
vegetalizzazione dell’uomo.
La
data di composizione di questa poesia non è ben nota però può attribuirsi quasi
con certezza al periodo che va dalla metà del luglio alla metà di agosto del
1902. Le immagini che reggono il componimento sono già raccolte in un taccuino
con la data 2 luglio 1899. D’Annunzio recupera in un momento successivo gli
spunti fissati in prosa con immediatezza e li rielabora poeticamente.
Il
componimento è costituito di quattro strofe di trentadue versi ciascuna. I
versi alternano misure oscillanti dal ternario al novenario, con una prevalenza
di senari.
Il
dato oggettivo narrato è certamente elementare: un uomo e una donna sono colti
da un temporale mentre si trovano in una pineta. A caratterizzare il
significato artistico del componimento è soprattutto la spiccata musicalità.
Tale musicalità si basa sul fitto sistema di rime ed è favorita dall’impiego di
versi brevi e brevissimi. Tale brevità non serve mai a isolare e valorizzare un
singolo elemento lessicale o sintattico: D’Annunzio non spezza il fluire del
discorso, ma cerca di garantire la massima scorrevolezza musicale.
L’immersione
nel grande evento atmosferico della pioggia estiva diviene per i due
protagonisti l’occasione di fondersi alla natura, entrando quasi magicamente a
farne parte. Continui nella poesia sono i segni di scambio tra natura e uomo.
Nel corso del componimento la natura si trasforma in una immensa orchestra:
ogni tipo di vegetazione rappresenta uno strumento diverso che le dita della
pioggia suonano. Alla fine della seconda strofa la donna si trasforma in un
oggetto internamente naturale, vegetalizzandosi. Nella parte centrale della
quarta strofa si dirà che entrambi i protagonisti si naturalizzano e
vegetalizzano così che il loro cuore diventa come una pesca, gli occhi come
sorgenti in mezzo a un prato, i denti come mandorle.
Proprio
la naturalizzazione dell’umano e l’antropomorfizzazione della natura sono tra i
caratteri distintivi della poetica simbolistica.