Trattato di Maastricht  

 

Sintesi Principali contenuti

Nella redazione del Trattato di Maastricht (1988-1989), come già nell’Atto Unico furono portati avanti due negoziati paralleli che partivano da due esigenze diverse: da una parte il successo del mercato unico richiedeva di essere completato con l’adozione di una moneta unica che avrebbe garantito l’area europea dalle fluttuazioni mondiali e insieme ne avrebbe aumentato la competitività, grazie al peso finanziario acquistato; dall’altra i grandi cambiamenti politici che stavano avvenendo in Europa (riforme di Gorbaciov in Unione Sovietica, crollo del Muro di Berlino, ecc.) inducevano gli Stati membri a collaborare più strettamente non solo sul piano economico ma anche in quello più propriamente politico, come nell’ambito degli affari esteri, difesa, lotta alla criminalità, cooperazione giudiziaria, cittadinanza europea, ecc.

Il 7 febbraio 1992 viene firmato a Maastricht il Trattato sull’Unione Europea (TUE). Dopo l’Atto Unico Europeo, il Trattato di Maastricht ha costituito la seconda più importante revisione dei Trattati di Roma   a cui è stata aggiunta la parte relativa alla politica estera e di difesa comune e quella relativa alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.

Obiettivi

Con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht il 1° novembre 1993, il Trattato CEE viene ufficialmente ribattezzato “Trattato CE”, a testimonianza che la sua competenza, già a partire con l’Atto Unico, si fosse ormai espansa ben oltre al puro terreno economico, dovendo gestire, tra le altre, anche responsabilità in campo ambientale, sanitario, e di ricerca.

Vengono altresì stabiliti i “tre pilastri” dell’Unione europea costituiti da:

ü        il nuovo Trattato CE, che sancisce l’obiettivo di istituire l’Unione economica e monetaria entro il 1999;

ü        le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune (PESC), che costituiscono un’evoluzione della Conferenza Intergovernativa di Politica Estera (CIPE), che funzionava precedentemente attraverso incontri periodici dei rappresentanti dei rispettivi governi);

ü        la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (GAI),

Principali novità introdotte

Come l’Atto Unico, anche il Trattato di Maastricht non è un trattato disgiunto dal Trattato di Roma, ma ne apporta profonde e sostanziali modifiche, relative soprattutto ai temi della politica estera e di difesa comune (PESC, Titolo V, Artt. J1-11), e della cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (GAI, Titolo VI, Artt.K1-9). Inoltre, sono stati allegati al Trattato dei Protocolli, i più importanti tra i quali riguardano la cooperazione in campo sociale, la politica sociale e le dichiarazioni in merito alla PESC.

Il Trattato di Maastricht contiene alcune innovazioni istituzionali, quali la procedura di codecisione (art. 189 B del TUE), con la quale i poteri del Parlamento europeo vengono nuovamente rafforzati. Inoltre, le competenze CE sono ampliate o integrate in taluni settori ed il principio di sussidiarietà diviene il criterio per stabilire un’adeguata ripartizione delle competenze tra la CE e gli Stati membri (art. 3 B del TUE).

Il Trattato di Maastricht introduce anche la Cittadinanza europea e apporta taluni adeguamenti al testo dei trattati. Nell’insieme si è così creato un quadro giuridico estremamente complesso, nel quale rientrano diverse procedure di integrazione sovranazionale e di cooperazione intergovernativa. Inoltre, il Trattato di Maastricht prevede per la prima volta alcune deroghe fondamentali, quali quella che consente al Regno Unito di non applicare le disposizioni del protocollo sulla politica sociale.

Principali effetti

Quale risultato del Trattato, un numero maggiore di competenze politiche viene delegato dagli Stati membri all’Ue, i poteri delle istituzioni europee sono rafforzati e la dimensione sovranazionale registra un ulteriore incremento. Il Trattato non segna in alcun senso la fine del processo di integrazione né identifica quale possa essere tale fine. Il Trattato è frutto di un compromesso tra gli Stati, ciascuno portatore di specifiche esigenze. Tale compromesso include aspetti provenienti da diverse visioni del futuro dell’Europa che, in alcuni casi, non prevedevano un tale avanzamento del processo di integrazione. In queste circostanze sono nate le clausole di “Opting Out” (deroga che, per impedire un bloccaggio generale, è concessa agli Stati membri che non desiderino associarsi agli altri Stati membri in relazione ad un particolare settore della cooperazione comunitaria) previste per Danimarca e Regno Unito.

Allo stato attuale delle cose l’Unione Europea è un ulteriore contenitore che racchiude, accanto al primo pilastro della Comunità Europea, altri due “pilastri”:

ü        la politica estera e di difesa;

ü        la cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni.

Tali due pilastri non sono confluiti direttamente nella Comunità Europea in considerazione del fatto che in quel caso avrebbero dovuto sottostare a tutti i vincoli comunitari, cioè all’iniziativa legislativa della Commissione, alla cooperazione del Consiglio europeo col Parlamento europeo al controllo della Corte di Giustizia; al contrario i due nuovi pilastri sono rimasti a tutti gli effetti affidati alla cooperazione intergovernativa e al voto all’unanimità dei Ministri.

Di fatto, si sono istituzionalizzati degli incontri a livello ministeriale tra i vari Stati membri con un parziale coinvolgimento delle strutture comunitarie (la Commissione può presentare proposte, il Parlamento può essere ascoltato in materia) ma senza inserire pienamente tali politiche in ambito comunitario.

Si capisce perché in questi anni, da quando nel 1993 il Trattato è entrato in vigore, nelle materie dei due nuovi pilastri non si sia andati al di là di posizioni comuni faticosamente raggiunte a prezzo di una grande genericità. Gli stessi negoziatori del Trattato di Maastricht dovevano essere così poco contenti dei loro risultati da includere nel Trattato stesso l’obbligo di rivedere tutte le novità introdotte entro il 1996 con la Conferenza intergovernativa di revisione tenutasi a Torino il 29 marzo, che ha poi portato al Trattato di Amsterdam, in cui sono stati rafforzati tutti e tre i pilastri dell’Unione.