| Non c’è dubbio che sia stato
proprio il bel colore blu ad ispirare Manzoni nella descrizione, nei
Promessi Sposi, di “… quel cielo di Lombardia, così bello quando è
bello, così splendido, così in pace”. Ad un fisico, tuttavia,
il cielo pone riflessioni più prosaiche: perché il cielo è blu? E perché
il Sole, al tramonto, appare rosso?
Com’è noto, la luce visibile di color bianco
proveniente dal Sole è composta dalla sovrapposizione di onde
elettromagnetiche di diverse lunghezza d’onda che variano dai 380 nm [1
nanometro (nm) = 1 milionesimo di millimetro] della radiazione che
percepiamo come violetta, fino ai 720 nm della radiazione che ci appare
rossa, passando per il blu, verde, giallo, arancio. Una volta raggiunta
la Terra, un raggio solare interagisce con l’atmosfera. Quest’ultima è
composta per il 78% da azoto e per il 21 % da ossigeno. Sono anche
presenti argon, acqua (in forma di vapore, goccioline e cristalli di
ghiaccio) e particelle solide (polveri, ceneri dai vulcani e sale dal
mare). Gli effetti dell’interazione tra luce ed atmosfera dipendono
dalla lunghezza d’onda della radiazione e dalle dimensioni degli oggetti
su cui questa incide. Le particelle di polvere e le goccioline d’acqua
sono molto più grandi della lunghezza d’onda della luce visibile: in
questo caso la luce viene riflessa in tutte le direzioni allo stesso modo,
indipendentemente dalla propria lunghezza d’onda. Le molecole di gas
hanno dimensioni inferiori e la luce si comporta diversamente a seconda
della sua lunghezza d’onda. La luce rossa ha una lunghezza d’onda maggiore
e tende a “scavalcare” le particelle più piccole senza “vederle”; questa
luce, dunque, interagisce molto debolmente con l’atmosfera e prosegue la
sua propagazione rettilinea lungo la direzione iniziale. Al contrario, la
luce blu ha una lunghezza d’onda inferiore e si “accorge” della presenza
delle molecole da cui è infatti riflessa in tutte le direzioni (fu
Einstein a dimostrare nel 1911, contrariamente a quanto si credeva in
principio, che erano proprio le molecole, e non le polveri in sospensione,
la causa della diffusione).
Questa diffusione differenziale dipendente
dalla lunghezza d’onda è chiamata, in inglese, Rayleigh
scattering (da Lord John Rayleigh, il fisico inglese che per primo la
descrisse nella seconda metà dell’Ottocento). Più precisamente, la
quantità di luce diffusa è inversamente proporzionale alla quarta potenza
della lunghezza d’onda. Ne consegue che la luce blu è diffusa più di
quella rossa di un fattore (700/400)4 ~ 10.

Proprio nel Rayleigh scattering
risiede la risposta alle domande che ci siamo posti
all’inizio. Nell’attraversare l’atmosfera, la maggior parte della
radiazione di maggior lunghezza d’onda prosegue la sua traiettoria
rettilinea. La luce rossa, arancione e gialla viene influenzata solo in
minima parte dalla presenza dell’aria. Al contrario, la luce blu è diffusa
in tutte le direzioni. In qualunque direzione si osservi, parte di questa
luce giunge ai nostri occhi. Il cielo, pertanto, appare blu. Vicino
all’orizzonte il cielo è di un azzurro più chiaro perché la luce, per
raggiungerci da questa direzione, deve attraversare più aria e viene
diffusa maggiormente; pertanto siamo raggiunti da una minor quantità di
luce blu. Le nuvole e la nebbia ci appaiono bianche perché consistono
di particelle più grandi delle lunghezze d’onda della radiazione visibile,
e diffondono tutti i colori allo stesso modo. Tuttavia, in particolari
condizioni, è possibile che in aria si trovino in sospensione particelle
più piccole.
Alcune montagne sono famose per le loro foschie
blu (ad es. a Les Vosges in Francia). In questo caso gli aerosol di
terpene rilasciati dalla vegetazione reagiscono con l’ozono dell’atmosfera
formando particelle di circa 200 nm adatte a diffondere la luce blu. A
volte, l’incendio di una foresta o un’eruzione vulcanica possono riempire
l’atmosfera con particelle delle dimensioni di 500-800 nm. Queste
particelle sono pertanto in grado di diffondere la luce rossa, provocando
un effetto opposto a quello usuale. In questo caso è la luce rossa ad
essere diffusa via dal raggio incidente e questo provoca, in alcuni casi,
una colorazione blu della Luna. Questo è un effetto che accade assai di
rado e nella lingua inglese è preso ad esempio di evento raro (once in
a blue moon, una volta ogni luna blu; l’analogo del nostro “una volta
ogni morte di papa”).
Se fossimo sulla Luna, a causa dell’assenza di
atmosfera (e della diffusione ad essa connessa), il cielo apparirebbe nero
e il Sole sarebbe bianco. Sulla Terra, invece, in conseguenza del
Rayleigh scattering, parte della componente blu è rimossa dai
raggi diretti del Sole che pertanto ci appare giallo. Questo effetto è
amplificato al tramonto, quando il Sole è vicino all’orizzonte. I raggi
solari diretti attraversano uno strato maggiore di atmosfera e vengono
maggiormente impoveriti della componente blu. Il Sole, dunque, diventa
sempre più rosso man mano che il tramonto procede. Le immagini
inviateci dalle sonde Viking nel 1977 e Pathfinder nel 1997 hanno mostrato
che il cielo visto da Marte appare rosso. Questo è dovuto alla polvere
ricca di ossido di ferro (che appare rosso), sollevata durante le bufere
che si verificano di tanto in tanto sul pianeta rosso (come viene appunto
soprannominato Marte). Il colore del cielo marziano dipende dunque dalle
condizioni atmosferiche. Esso è blu in assenza di bufere recenti, ma
risulta comunque più scuro di quello terrestre a causa della minore
quantità di atmosfera.
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