Proprietà Trasmissive
e Tecniche Costruttive



Introduzione

Possiamo considerare una fibra ottica come una guida d'onda di forma cilindrica, realizzata con un materiale dielettrico, generalmente ossido di silicio, caratterizzata dal fenomeno di propagazione della radiazione luminosa. Tale fenomeno si basa sulla variazione dell'indice di rifrazione all'interno del materiale dielettrico.
L'indice di rifrazione è definito come il rapporto tra la velocità di propagazione del raggio luminoso nel vuoto (c = 3*10 8 m/s) e la velocità di propagazione in un mezzo diverso dal vuoto (n = c/v), dove v dipende, naturalmente, dalle caratteristiche e proprietà fisiche del mezzo stesso; se il mezzo è isotropo e omogeneo allora n risulta un numero maggiore di uno e costante all'interno del dielettrico.


1.1 - Principi e Parametri Caratteristici di una Fibra Ottica

Un raggio luminoso che incide su una superficie di interfaccia tra due mezzi di indici diversi (n1 > n2) viene in parte riflesso e in parte rifratto o trasmesso, secondo la nota legge di Snell (o legge dei seni): n1*senfi.gif - 875 Bytes1 = n2*senfi.gif - 875 Bytes2, ove fi.gif - 875 Bytes1 è l'angolo di incidenza del raggio rispetto la normale alla superfice nel punto di incidenza e fi.gif - 875 Bytes2 è l'angolo che il raggio rifratto forma con la stessa normale nel secondo mezzo. Poichè n2 < n1, il raggio trasmesso tende ad aumentare fi.gif - 875 Bytes2 all'aumentare di fi.gif - 875 Bytes1 sino a quando si arriva alla condizione per cui si ha fi.gif - 875 Bytes2 = pgreca.gif - 860 Bytes/2, ovvero assenza di raggio rifratto. In quest'ultima situazione si è in presenza del fenomeno di riflessione totale, in cui l'angolo di incidenza oltre il quale si ha assenza di rifrazione è fi.gif - 875 Bytesc = arcsin(n2/n1), generalmente indicato come angolo critico.
In prima approssimazione possiamo intuire che i raggi giacenti su di un piano comprendente l'asse della fibra ottica, che incidono l'interfaccia vetro/aria con angolo maggiore di fi.gif - 875 Bytesc, vengono riflessi totalmente e, quindi, restano confinati all'interno della fibra indefinitamente. Il principio appena descritto è alla base del funzionamento di tutti i tipi di fibra ma nel campo delle telecomunicazioni è preferibile poter variare con precisione il valore dell'indice di rifrazione sia della fibra vera e propria (mezzo 1), sia del mezzo che la ricopre (mezzo 2). Si ottiene così la struttura fondamentale di realizzazione di una fibra, costituita da un cilindro interno, indicato come nucleo o core, e da un rivestimento esterno, indicato come mantello o cladding.
Entrambi sono in realtà costituiti dallo stesso materiale vetroso, in cui i due indici di rifrazione vengono variati e controllati con precisione durante la fabbricazione della fibra mediante l'aggiunta di droganti esterni (ossidi di germanio, piombo o alluminio). In una fibra per telecomunicazioni il diametro esterno è tipicamente di 125 mu.gif - 834 Bytesm, mentre il diametro del nucleo varia tra pochi mu.gif - 834 Bytesm e 50 mu.gif - 834 Bytesm a seconda del tipo di fibra. La fibra così prodotta risulterebbe meccanicamente fragile; è allora necessario irrobustirla mediante ulteriori rivestimenti plastici.


1.1.1 - Parametri Principali

Indipendentemente dal tipo, ogni fibra è caratterizzata da alcune grandezze che ne definiscono le proprietà fondamentali.
Si è visto che se viene inviato nel nucleo della fibra un raggio luminoso con un angolo di incidenza, tra nucleo e mantello, inferiore all'angolo critico, questo viene parzialmente riflesso/rifratto. La parte rifratta si perde per rifrazione nel mezzo circostante mentre la parte riflessa subisce una nuova riflessione/rifrazione, e così via. In pratica dopo poche riflessioni il raggio si esaurisce e non viene guidato all'interno della fibra. Si dice, in questo caso, che il raggio non è accettato dalla fibra.
E' possibile definire un cono di accettazione che contiene tutti quei raggi che possono propagarsi all'interno del nucleo per riflessione totale. Il vertice del cono è il centro della faccia di ingresso della fibra e l'angolo al vertice viene detto angolo di accettazione teta.gif - 864 Bytesa.
L'angolo di accettazione può essere messo in relazione con i due indici di rifrazione n1 e n2 (rispettivamente del nucleo e del mantello) mediante la relazione: teta.gif - 864 Bytesa = arcsin[(n12 - n22)1/2].
Spesso non viene fornito teta.gif - 864 Bytesa ma una quantità ad esso legata che viene indicata come apertura numerica ( o semplicemente apertura) definita da: NA = sinteta.gif - 864 Bytesa = (n12 - n22)1/2. Risulta evidente che maggiore è NA, più semplice è accoppiare efficientemente una sorgente luminosa alla fibra, in quanto è più ampio il cono di accettazione. Per identificare univocamente i valori di n1 e n2 che realizzano una certa apertura numerica, nota quest'ultima, si utilizza un parametro che prende il nome di variazione percentuale dell'indice di rifrazione definito come: triangolo.gif - 875 Bytes = (n1 - n2)/n1. E' facile, allora, rendersi conto che se n1.n2, ovvero se triangolo.gif - 875 Bytes << 1, si ottiene anche: NAcirca.gif - 853 Bytesn1(2triangolo.gif - 875 Bytes)1/2 e, quindi, più grande è la distanza tra n1 e n2, maggiore sarà la variazione triangolo.gif - 875 Bytes e la NA.


1.1.2 - Tipi di Fibre e Principali Limitazioni

Il tipo di fibra più semplice è costituito da un nucleo e un mantello che presentano una discontinuità a gradino tra i due indici di rifrazione e per questo è detta Step-Index. Il raggio del nucleo è, inoltre, detto largo, in quanto è molto maggiore della lunghezza d'onda generalmente utilizzata nei sistemi di telecomunicazioni (1,55 mu.gif - 834 Bytesm); per questo, come vedremo in seguito, questo tipo di fibra consente la propagazione di più tipi di raggi detti modi. In particolare, il fatto che possano propagarsi più modi fa si che questo tipo di fibra sia caratterizzata da un fenomeno di dispersione intermodale.
Per chiarire il concetto di dispersione, consideriamo due raggi entranti nella fibra, il primo con angolo di incidenza minimo (teta.gif - 864 Bytes = 0) e il secondo con angolo di incidenza massimo (teta.gif - 864 Bytes = teta.gif - 864 Bytesa), nello stesso istante di tempo. Considerando la distanza L percorsa lungo l'asse della fibra, è evidente che i due raggi compiono percorsi diversi per giungere nel medesimo punto e, quindi, impiegano due tempi diversi per coprire la stessa distanza. Questo fa si che ci sia un ritardo temporale relativo tra i due raggi, indicato, appunto, come dispersione intermodale, che corrisponde ad un ritardo differenziale pari a: triangolo.gif - 875 Bytest = (Ln12triangolo.gif - 875 Bytes)/(c*n2), pur considerando che i due raggi viaggiano alla stessa velocità (v = c/n) in quanto viaggianti nello stesso mezzo.
Le fibre che consentono più modi di propagazione (multimodo) sono caratterizzate dal fenomeno della dispersione intermodale, che può rivelarsi dannoso quando triangolo.gif - 875 Bytest è confrontabile con la durata T di un impulso lanciato in fibra. Da questo fenomeno nasce il fenomeno dell'interferenza intersimbolica che causa il degradimento, anche sensibile, delle prestazioni del sistema di trasmissione. La dispersione intermodale impone un limite alla massima velocità di trasmissione dell'informazione, in particolare, per un segnale binario, si trova che la velocità di trasmissione è limitata superiormente dalla quantità: Bmin-ugual.gif - 857 Bytes(c*n2)/(triangolo.gif - 875 Bytes*L*n12) e che tale limite aumenta al diminuire di triangolo.gif - 875 Bytes.
Quanto si è detto fino ad ora è relativo a raggi appartenenti a piani contenenti l'asse della fibra (meridionali) e nell'approssimazione dell'ottica geometrica, quest'ultima valida fino a quando il raggio del nucleo può considerarsi molto maggiore della lunghezza d'onda del segnale trasmesso in fibra. In realtà, in una fibra multimodo possono propagarsi anche raggi non appartenenti a piani meridionali, detti sghembi, per i quali si può dimostrare che la propagazione avviene avvolgendo l'asse della fibra e che derivano da raggi esterni al cono di accettazione. Poichè tali raggi si propagano su di un guscio cilindrico sulla parte esterna del nucleo, contribuiscono marginalmente all'intensità luminosa del segnale e vengono di solito ignorati nei calcoli di dispersione.
Per contrastare il fenomeno della dispersione intermodale sono state fabbricate delle fibre in cui i raggi vengono guidati, mediante la variazione dell'indice di rifrazione del nucleo tra un valore massimo ed uno minimo via via che ci si allontana dall'asse della fibra. Questo tipo di fibre sono indicate come Graded-Index e in esse i raggi vengono incurvati dalla variazione graduale di n. Una delle leggi più comuni di variazione di n, al variare della distanza radiale dall'asse r, è detta a profilo alfa-small.gif - 842 Bytes, dove alfa-small.gif - 842 Bytes è un parametro fissato in fase di fabbricazione

n(r).gif - 1671 Bytes.

Si può dimostrare che, per il profilo parabolico (alfa-small.gif - 842 Bytes=2) e nell'ipotesi triangolo.gif - 875 Bytes << 1, le traiettorie seguite dai raggi, ricavate mediante il principio di Fermat 1, seguono un andamento sinusoidale con diverse ampiezze. In queste condizioni la dispersione intermodale viene attenuata per effetto della graduazione di n. Infatti i raggi più distanti dall'asse transitano in zone con n minore rispetto a quelli più vicini all'asse della fibra, per cui la loro velocità di propagazione è maggiore della velocità dei raggi più vicini all'asse. Si ha, così, una sorta di compensazione dell'allungamento del percorso compiuto, non sufficiente ad annullare il ritardo differenziale triangolo.gif - 875 Bytest ma solo ridurlo, che infatti risulta: triangolo.gif - 875 Bytest = (n1triangolo.gif - 875 Bytes2L)/(8*c), nel caso in cui alfa-small.gif - 842 Bytes = 2*(1 - triangolo.gif - 875 Bytes) e alfa-small.gif - 842 Bytes circa.gif - 853 Bytes 2.
Tutto ciò consente un incremento di capacità, rispetto alla fibra step-index, pari ad un fattore 8/triangolo.gif - 875 Bytes e consente di passare da una capacità di 10 Mbit/s*Km, per la step-index, ad una capacità di 4 Gbit/s*Km per la fibra graded-index.


1.2 - La Condizione di Monomodalità

Le fibre multimodo sono caratterizzate dalla dispersione intermodale; è, allora, giocoforza cercare di liberarsi da tale fenomeno impedendo la propagazione di più modi.
La condizione di monomodalità, ovvero la propagazione nel nucleo di una sola lunghezza d'onda, non si può ricavare da una semplice analisi mediante l'ottica geometrica ma si deve ricorrere all'ottica elettromagnetica descritta mediante le equazioni di Maxwell. Partendo, allora, dalle equazioni di d'Alambert per le onde ed esprimendo il campo elettrico e magnetico attraverso il formalismo degli inviluppi complessi, si può esprimere tali equazioni nella forma di Helmoltz, valida per un mezzo dielettrico omogeneo, isotropo, privo di perdite. Indicando con n l'indice di rifrazione del mezzo e con k0 = 2pgreca.gif - 860 Bytes/lamda.gif - 870 Bytes0 il numero d'onda dell'oscillazione in fibra, si può esprimere l'equazione di Helmoltz in coordinate cilindriche (ro.gif - 853 Bytes, fi.gif - 875 Bytes, z), ottenendo

HelmoltzCil.gif - 1674 Bytes

che è valida sia nel nucleo, quando n = n1 e 0 min-ugual.gif - 857 Bytes ro.gif - 853 Bytes < a, sia nel mantello, quando n = n2 e ro.gif - 853 Bytesmagg-ugual.gif - 858 Bytes a.
Avendo adottato il formalismo degli inviluppi complessi, siamo interessati a soluzioni della forma

FormaSoluzione.gif - 1309 Bytes

dove F(ro.gif - 853 Bytes) e fi-maisc.gif - 866 Bytes(fi-minusc.gif - 858 Bytes) sono funzioni arbitrarie per valutare il campo radialmente e angolarmente su di una sezione, mentre exp(-jbeta.gif - 880 Bytesz) è la forma viaggiante dell'onda. Naturalmente, le soluzioni di tale forma devono soddisfare ulteriori requisiti fisici affinchè la soluzione abbia senso; in particolare, fi-maisc.gif - 866 Bytes(fi-minusc.gif - 858 Bytes) deve risultare periodica di periodo 2pgreca.gif - 860 Bytes. Sostituendo tale soluzione nell'equazione di Helmoltz, si ottengono due equazioni separate per fi-maisc.gif - 866 Bytes(fi-minusc.gif - 858 Bytes) ed F(ro.gif - 853 Bytes). L'equazione in fi-maisc.gif - 866 Bytes(fi-minusc.gif - 858 Bytes) viene a dipendere da un parametro m, che dovrà essere intero per rispettare la condizione di periodicità, mentre l'equazione in F(ro.gif - 853 Bytes), dipendente sia da beta.gif - 880 Bytes che da m (oltrechè da k0 ed n), si divide in ulteriori due equazioni. Quest'ultima suddivisione deriva dal fatto che, affinchè l'onda resti confinata nel nucleo, la costante beta.gif - 880 Bytes deve essere minore di n1k0 (numero d'onda nel nucleo) e maggiore di n2k0 (numero d'onda nel mantello). Ciò porta a definire, per comodità, le due quantità

ChiQuadroNucleo.gif - 1130 Bytes nel nucleo e GammaQuadroMantello.gif - 1124 Bytes nel mantello,

da cui si può scrivere

EqDiffInsieme.gif - 2207 Bytes

Tali equazioni ammettono, come soluzione generale, diversi tipi di funzioni, dette di Bessel. Scartando dalla soluzione generale le funzioni non limitate e le funzioni non limitate quando ro.gif - 853 Bytes tende all'infinito, si ottiene una soluzione della forma

PsiSoluzioni.gif - 1964 Bytes

che dipende dalle funzioni di Bessel di prima specie (Jm) e dalle funzioni di Bessel modificate di seconda specie (Km). Un esempio dell'andamento di Jm e Km, per m = 0,1,2, è mostrato di seguito.

GraficoBessel.gif - 5618 Bytes

Fig. 1.1 - Andamento delle Funzioni di Bessel di prima specie, e modificate di seconda specie, per gli ordini 0, 1 e 2.

Dalla forma trovata per la soluzione, esprimendo le componenti radiali e tangenziali di PsiTilde(r,@,z).gif - 968 Bytes in funzione della componente assiale ed imponendo la condizione di continuità per ro.gif - 853 Bytes = a, si ottiene un sistema di equazioni equivalente ad un unica equazione detta equazione caratteristica 2.
Da questa equazione, fissato m (ordine dell'armonica elementare), si ottengono più soluzioni in funzione di beta.gif - 880 Bytes, una volta fissati n1 e n2 per la fibra considerata e k0 per il segnale ottico. Ciascuna soluzione è detta modo di propagazione e viene contraddistinta mediante la costante beta.gif - 880 Bytesmi, dove m è quello fissato per l'armonica mentre i è l'ordine della soluzione stessa.
Per ottenere la condizione di monomodalità introduciamo un nuovo parametro, il parametro V (o frequenza normalizzata) costante

ParV.gif - 1533 Bytes

dipendente dalle caratteristiche geometriche della fibra e da lamda.gif - 870 Bytes0. Scrivendo PsiTilde(r,@,z).gif - 968 Bytes in funzione di V, si ricava che, all'aumentare di k (ovvero al diminuire di beta.gif - 880 Bytes), il gamma.gif - 863 Bytes decresce, per cui l'onda non rimane più confinata nel nucleo ma si disperde nel mantello. Questo significa che un modo non si propaga quando V = k*a (gamma.gif - 863 Bytes = 0, condizione di cut-off). Il minimo valore di V per cui si ha propagazione monomodale è V = 2.405 (primo nullo di Jm(k*a) per m = 0). Per ottenere una fibra monomodale è, quindi, necessario ridurre V ad un valore inferiore a 2.4 e ciò può essere fatto sia riducendo la sezione del nucleo (a), sia riducendo NA. Il nucleo di piccolo diametro crea però difficoltà di accoppiamento della fibra alle sorgenti ottiche e ai fotorivelatori e rende problematiche eventuali giunzioni durante la posa.


1.3 - Dispersione Intramodale e Attenuazione

La realizzazione di fibre monomodali si è resa necessaria per contrastare il fenomeno della dispersione intermodale. Sfortunatamente è possibile avere dispersione di un segnale anche in condizioni di monomodalità; infatti, per questo tipo di fibre, si presenta il fenomeno della dispersione intramodale. Essa è causata dalla cosiddetta dispersione cromatica, dovuta ad una proprietà fisica dei vetri silicei con cui la fibra viene realizzata. Da un punto di vista ottico, il vetro è un materiale lineare, ovvero ad esso è applicabile il principio di sovrapposizione degli effetti ma, sfortunatamente, è dispersivo, ovvero l'indice di rifrazione viene a dipendere dalla lunghezza d'onda del segnale, cioè n = n(lamda.gif - 870 Bytes). In un mezzo dispersivo segnali di lunghezza d'onda diverse si propagano con velocità diverse. In particolare, se il segnale è modulato, esso è scomponibile come sovrapposizione di più oscillazioni monocromatiche a diverse lunghezze d'onda su di un intervallo centrato attorno alla lunghezza d'onda portante lamda.gif - 870 Bytes0. Poichè n = n(f), la velocità di propagazione vg della generica componente dipende dalla frequenza, vg = vg(f). E' evidente che, se le componenti di un segnale modulato si propagano nel mezzo con velocità di gruppo diverse, una volte raccolte all'estremità di uscita della fibra, esse si ricombinano con ritardi diversi, dando così luogo ad una distorsione lineare di fase. E' possibile studiare il fenomeno della dispersione cromatica utilizzando, ancora una volta, il formalismo degli inviluppi complessi, considerando un'onda piana modulata monocromatica, che si propaga in un mezzo omogeneo, isotropo, lineare, dispersivo e senza perdite, lungo l'asse z.
Poichè il mezzo è lineare, possiamo studiare il fenomeno cercando di ricavare la risposta in frequenza (che caratterizza completamente un sistema lineare) del sistema costituito dalla fibra stessa. Sfruttando il fatto che quando l'ingresso di un sistema lineare è una oscillazione monocromatica, di frequenza ni.gif - 858 Bytes, anche l'uscita è monocromatica di frequenza ni.gif - 858 Bytes, al più modificata in ampiezza e fase proporzionalmente al valore che assume la risposta in frequenza per quel valore di ., si trova con facilità un'espressione per la risposta in frequenza H(ni.gif - 858 Bytes) della fibra.
Introducendo il coefficiente di dispersione,

DispersioneD.gif - 1571 Bytes

e supponendo che il mezzo sia debolmente dispersivo (n(lamda.gif - 870 Bytes) varia poco se la banda è modesta rispetto alla lunghezza d'onda portante .0), è possibile scrivere un'espressione di H(ni.gif - 858 Bytes) approssimata

H(ni).gif - 1610 Bytes.

Si può subito osservare che, se il mezzo è non dispersivo, allora

DallaKdiBeta.gif - 1109 Bytes

e la H(ni.gif - 858 Bytes) si riduce al consueto termine di ritardo di gruppo.
Applicando l'analisi precedente al caso di una fibra monodimensionale, si trova che il ritardo differenziale massimo, dovuto alla dispersione cromatica, può essere espresso come

RitardoMono.gif - 1393 Bytes.

Il parametro D diviene perciò un parametro molto importante per descrivere il comportamento di una fibra monomodo. D viene fornito, generalmente, in unità ps/(nm*Km) e indica l'aumento della durata di un impulso caratterizzato da una lunghezza spettrale triangolo.gif - 875 Byteslamda.gif - 870 Bytes che ha viaggiato per un chilometro in fibra.

DvsLamda.gif - 6769 Bytes

Fig. 1.2 - Andamento del coefficiente di dispersione D, in funzione della lunghezza d'onda, e sue componenti.

Dalla figura precedente si può osservare che, quando lamda.gif - 870 Bytescirca.gif - 853 Bytes1,3 mu.gif - 834 Bytesm (lamda.gif - 870 BytesZD, Zero Dispersion), il coefficiente di dispersione è praticamente nullo mentre, quando lamda.gif - 870 Bytescirca.gif - 853 Bytes1,55 mu.gif - 834 Bytesm, il coefficiente di dispersione vale 12 ps/(nm*Km) circa. Considerando che lo spettro del segnale che viene trasmesso ha un'estensione non nulla intorno alla lunghezza portante lamda.gif - 870 Bytes0 = lamda.gif - 870 BytesZD, le varie componenti risulteranno in qualche misura ritardate e, quindi, un piccolo grado di dispersione è presente anche intorno a lamda.gif - 870 BytesZD, derivante da fenomeni dipendenti da derivate di ordine superiore di beta.gif - 880 Bytes.
Elaborandone ulteriormente l'espressione, si trova che D può scomporsi in due termini (entrambi in figura a tratto più sottile): DM, indice di dispersione dovuto al materiale e DW, indice di dispersione dipendente dalla guida d'onda e, quindi, D = DM + DW. Più precisamente, DM viene determinato considerando la sola dipendenza di n1 da lamda.gif - 870 Bytes nel nucleo, mentre DW dipende dalla geometria della fibra e da entrambi i valori di n1 e n2. E', allora, possibile agire sulla geometria della guida e su n2 riducendo DW, in modo da ottenere fibre per le quali la lamda.gif - 870 BytesZD si sposta intorno a 1,55 mu.gif - 834 Bytesm. Questo tipo di fibre vengono indicate come fibre a dispersione traslata (o spostata), indicata nella precedente figura come DS.


1.3.1 - Fenomeni di Attenuazione Lineare

Nell'analisi condotta fino a questo momento è stata sempre trascurata la possibilità che potesse essere presente un fenomeno di perdita durante la propagazione all'interno del nucleo. Non si è tenuto conto che il segnale luminoso, durante la propagazione guidata, subisce una attenuazione che può essere ricavata dalla seguente equazione differenziale

Potenza.gif - 1172 Bytes

dove, evidentemente, P(z) indica la potenza di segnale su di una sezione trasversale del nucleo, alfa-small.gif - 842 Bytes è il coefficiente di attenuazione e si è assunto che si abbia un decadimento di potenza esponenziale in confronto della lunghezza di fibra percorsa. Il coefficiente di attenuazione, normalmente espresso in dB/km rispetto alla lunghezza L espressa in chilometri, può scriversi come

Attenuazione.gif - 1338 Bytes.

Le prime fibre fabbricate erano caratterizzate da un coefficiente alfa-small.gif - 842 Bytes intorno ai 1000 dB/km e, quindi, non ne consentivano l'uso pratico. L'americana Corning Inc., nel 1970, mise a punto un sistema di fabbricazione (OVD) che consentì di produrre fibre ottiche con alfa-small.gif - 842 Bytes.20 dB/km quando lamda.gif - 870 Bytes = 0,85 mu.gif - 834 Bytesm. Attualmente per le fibre convenzionali in materiale vetroso si arriva ad alfa-small.gif - 842 Bytescirca.gif - 853 Bytes0,15 dB/km quando lamda.gif - 870 Bytes = 1,55 mu.gif - 834 Bytesm per una fibra monomodale. Da queste poche righe si intuisce che il coefficiente alfa-small.gif - 842 Bytes è dipendente dalla lunghezza d'onda lamda.gif - 870 Bytes, anche in maniera forte, per il quale si è ricavato sperimentalmente il seguente andamento

AlfaVsLamda.gif - 6586 Bytes

Fig. 1.3 - Attenuazione in fibra in funzione della lunghezza d'onda.

in cui si nota un minimo assoluto intorno a 1,55 mu.gif - 834 Bytesm. Nella stessa figura si sono messi in evidenza, a tratto discontinuo, i diversi contributi che concorrono a determinare l'attenuazione totale.
Una frazione di P(z) viene dissipata come calore a causa di due fenomeni: l'assorbimento intrinseco e l'assorbimento estrinseco. Il primo è causato dalla struttura del materiale che costituisce la fibra ed è dovuto a picchi di assorbimento nell'ultravioletto che si estendono fino alle lunghezze d'onda di interesse e a fenomeni analoghi nel campo dell'infrarosso lontano (in figura le due curve a tratto-punto). Questi due fenomeni sono minimizzabili variando la composizione chimica del materiale costituente il nucleo ed il mantello e, comunque, non risultano rilevanti per lamda.gif - 870 Bytes < 1.6 mu.gif - 834 Bytesm. Il secondo tipo di assorbimento è dovuto alla presenza di impurità metalliche nel vetro e, in particolare, di gruppi ioni ossidrili (OH) intrappolati nel reticolo vetroso. I gruppi OH sono prodotti dalla contaminazione con vapore acqueo del materiale durante la lavorazione e sono la fonte più rilevante di assorbimento estrinseco. Il livello di attenuazione prodotto da tali ioni può essere limitato considerevolmente, riducendone la concentrazione a meno di una parte su 10 7.
Un secondo meccanismo di attenuazione, dovuto alle disomogeneità del materiale provocate dal processo di raffreddamento della fibra, è il cosiddetto fenomeno di diffusione. Tali disomegeneità si ritrovano come una variazione microscopica di n nella fibra e, a causa di essa, una parte di P(z) si disperde in modi secondari di propagazione che si esauriscono rapidamente. Questo fenomeno viene chiamato diffusione di Rayleigh e prevede che il coefficiente di attenuazione alfa-small.gif - 842 BytesR sia proporzionale all'inverso della quarta potenza della lunghezza d'onda. Il coefficiente di proporzionalità per il vetro, indicato come C, è compreso tra 0,7 e 0,9 (dB/km)/(mu.gif - 834 Bytesm)4. La diffusione di Rayleigh è una sorta di limite al di sotto del quale l'attenuazione totale non può scendere ed è minimizzabile lavorando a lunghezze d'onda quanto più alte possibile, prima che si presenti l'assorbimento infrarosso. Ulteriori fonti di attenuazione sono dovute alle imperfezioni di guida (piegature della fibra) e vengono indicate solitamente come assorbimento di guida d'onda. Queste imperfezioni si possono dividere in macropiegature e micropiegature, in cui le prime sono generalmente trascurabili mentre le seconde sono più rilevanti e vengono introdotte durante la filatura della fibra. Le micropiegature possono peggiorare la qualità delle fibre, sia monomodo sia multimodo, e l'effetto può essere minimizzato, soprattutto nel primo caso, assicurando il funzionamento della fibra nelle vicinanze del valore di V che garantisce il massimo confinamento nel nucleo (2.405).


1.3.2 - Fenomeni di Attenuazione Nonlineare

Nel caso in cui si abbia una fibra monomodo e la potenza P(z) associata al segnale raggiunge valori al di sopra di 0 dBm (corrispondente a 1 mW), l'intensità del campo all'interno del nucleo può essere causa dell'insorgere di fenomeni nonlineari. In questo caso non è più possibile utilizzare il metodo di sovrapposizione degli effetti per il calcolo del campo elettromagnetico ed, inoltre, insorgono nuove fonti di perdita di potenza per il segnale normalmente trascurabili. Nella diffusione di Rayleigh, detta anche diffusione elastica, si ha attenuazione per l'insorgere di modi superiori che si dissipano localmente. I fenomeni nonlineari, detti diffusioni anelastiche, sono principalmente due e prendono il nome di diffusione di Raman e di diffusione di Brillouin.
Questi tipi di diffusione sono caratterizzati dal fatto che il materiale assorbe, alla lunghezza d'onda lamda.gif - 870 Bytes0 a cui avviene la trasmissione, un fotone e ne emette un altro, ad una lunghezza d'onda maggiore, con energia ridotta 3. Evidentemente per l'equilibrio energetico si ha anche l'emissione di un fonone, che si disperde per energia meccanica in vibrazione del reticolo. Il segnale utile lamda.gif - 870 Bytes0 viene, quindi, privato dell'energia associata al fotone assorbito (attenuazione) e viene creata una componente alla lunghezza d'onda lamda.gif - 870 Bytes' (minore di lamda.gif - 870 Bytes0), che non era presente precedentemente (conversione di frequenza). Nella diffusione di Brillouin la potenza sottratta al segnale in lamda.gif - 870 Bytes0 crea due bande laterali con lunghezze d'onda a cavallo di lamda.gif - 870 Bytes0 e separate da una frequenza ricavabile dall'energia associata al fonone emesso. L'effetto Brillouin diventa sensibile quando la potenza del segnale, in una fibra monomodo, varia tra 1 e 10 mW e risulta inversamente proporzionale alla sezione del nucleo e al quadrato di lamda.gif - 870 Bytes. Per la diffusione Raman si possono fare considerazioni molto simili a quelle ora descritte, con la differenza, in questo caso, che alla creazione di fotoni aventi lamda.gif - 870 Bytes diverse si accompagna l'emissione di fononi a frequenze ottiche. Poichè la diffusione Raman si presenta quando la potenza ottica associata al segnale è dell'ordine del Watt (+30 dBm), nelle comuni applicazioni può essere trascurata.
L'effetto Kerr è un altro effetto nonlineare, dovuto al fatto che l'indice di rifrazione viene a dipendere dall'intensità del campo elettromagnetico associato al segnale (rifrazione nonlineare), ovvero n = n(P). A causa dell'effetto Kerr l'inviluppo di un pacchetto d'onda con un'ampiezza di picco elevata può essere fortemente distorto.
Senza scendere in ulteriori dettagli, l'indice di rifrazione in regime nonlineare può essere espresso come

IX13.gif - 1237 Bytes

ove P è la potenza totale del segnale nel nucleo della fibra, A è l'area della sezione del nucleo ed n-segn.gif - 844 Bytes2 è il coefficiente di nonlinearità dell'indice di rifrazione. In queste condizioni è semplice mostrare che la costante di propagazione di un'onda è pari a beta.gif - 880 Bytes' = beta.gif - 880 Bytes + kn-segn.gif - 844 Bytes2(P/A). A causa dell'effetto Kerr quindi, l'inviluppo di un pacchetto d'onda avente ampiezza di picco molto grande può essere fortemente distorto: adottando un modo di ragionare euristico, le porzioni del pacchetto avente ampiezza dell'inviluppo maggiore (caratterizzate da un indice di rifrazione e da una costante di propagazione maggiore), tenderanno a viaggiare con una velocità di gruppo minore delle porzioni del pacchetto avente ampiezza minore, provocando una distorsione nonlineare dell'inviluppo. La dipendenza di beta.gif - 880 Bytes dall'ampiezza del campo provoca una distorsione di fase sulle varie componenti che si propagano in fibra, a seconda del livello di potenza delle medesime, pari a

II66.gif - 2431 Bytes.

Questa sorta di distorsione di fase nonlineare viene chiamata automodulazione di fase (SPM, Self-Phase Modulation).
Vedremo, in capitoli successivi, che su questi effetti, fin qui considerati come indesiderati, si basa il funzionamento degli amplificatori ottici e dei sistemi di trasmissione solitonica.


1.4 - Processi di Fabbricazione

Nelle applicazioni per le quali l'attenuazione e la dispersione non sono parametri rilevanti come, ad esempio, piccole tratte per trasmissione dati o reti locali in fibra ottica, le fibre vengono realizzate in plastica monocristallina multimodo a nucleo largo. Ciò consente di garantire una apertura numerica elevata, migliorando l'efficienza di accoppiamento e di facilitare le giunzioni ed i cablaggi, mentre la brevità delle tratte consente di tollerare la forte dispersione. Tutti gli altri tipi di fibra sono realizzate con materiale vetroso con l'aggiunta di droganti per variare l'indice di rifrazione del nucleo e del mantello.


1.4.1 - Preforma e Tecniche di Realizzazione

La prima fase della fabbricazione di una fibra è la costituzione di una preforma, ovvero un cilindro della lunghezza di un metro e del diametro di pochi centimetri, costituita da due starti di materiale vetroso purificato. Lo strato più interno è destinato a diventare il nucleo e, quello più esterno, il mantello, durante la filatura della preforma stessa, che descriveremo più avanti. La preforma è, quindi, di diametro maggiore della fibra che da essa si ottiene; viene ricavata con varie tecniche di lavorazione dai materiali grezzi e deve contenere al suo interno sia il nucleo che il mantello.
La prima tecnica usata per la fabbricazione della preforma è stata la deposizione di vapore esterna (OVD, Outside Vapor Deposition), nella quale si ha un processo di idrolisi a fiamma, in cui il vetro viene depositato lateralmente su di un'anima rotante, in forma di fuliggine generata bruciando vapori di SiCl4 con una fiamma alimentata ad ossigeno puro. La fiamma vine fatta traslare lateralmente (avanti e indietro) per depositare strati successivi di vetro, fino ad ottenere lo spessore desiderato dello strato relativo al nucleo e, successivamente, quelli relativi al mantello.

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Fig. 1.4 - Rappresentazione della fabbricazione della preforma.

La variazione dell'indice di rifrazione è ottenuta aggiungendo al materiale grezzo dei droganti che vengono vaporizzati e depositati nella concentrazione desiderata.
Una variante di questa tecnica è la deposizione di vapore assiale (VAD, Vapor Axial Deposition), in cui si ottiene una lavorazione continua, e non a lotti mediante la preforma. La lavorazione continua si ottiene lavorando la preforma in senso verticale con deposizione assiale dei materiali grezzi sull'estremo inferiore, mentre essa viene continuamente tratta verso l'alto.
Successivamente è stata messa a punto una tecnica migliore, detta deposizione chimica di vapore modificata (MCVD, Modified Chemical Vapor Deposition), nella quale non c'è diretto contatto tra la fiamma e la preforma. In questo tipo di tecnica la deposizione del materiale vetroso avviene all'interno di un tubo di vetro e, quindi, si richiede prima la deposizione del mantello e poi del nucleo. Anche in questo caso il tubo viene fatto ruotare e la fiamma si sposta lungo l'asse del tubo, per garantire l'uniformità della deposizione, inoltre per variare spessore e indice di rifrazione si variano le concentrazioni dei droganti. Il vantaggio della tecnica MCVD, rispetto alle precedenti, consiste nel fatto che il deposito degli starti avviene in ambiente chiuso in cui è possibile controllare la pulizia dell'ambiente da impurità, con particolare attenzione ai gruppi ossidrile OH. Una variazine di questa tecnica è la PCVD (Plasma-activated Chemical Vapor Deposition) nella quale la deposizione degli strati viene indotta con reagenti in fase di plasma. Questo consente di ottenere strati più fini lavorando a temperature più basse e permette di controllare con maggior precisione l'indice di rifrazione.


1.4.2 - Filatura della Preforma

A partire dalla preforma, ottenuta con uno dei metodi visti, si ottiene la fibra vera e propria mediante un apparato di filatura. La preforma viene riscaldata in una fornace ad induzione, acquistando un certo grado di viscosità, mentre i trattori al di sotto della zona calda fanno si che la parte cava della preforma collassi formando il nucleo e il mantello. La fibra assume il diametro finale in questa fase della lavorazione, in cui la forza di trazione viene variata in funzione delle indicazioni di diametro fornite da un sensore sensibile alle figure di interferenza della luce, generata da un laser, che attraversa la fibra.

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Fig. 1.5 - Rappresentazione della filatura della preforma.

Sempre durante la filatura, la fibra viene rivestita con materiali polimerici per proteggerla da agenti esterni e irrobustirla meccanicamente. Per garantire un grado di robustezza adatto all'impiego a cui è destinata la fibra, la si ricopre con un rivestimento secondario che evita anche il fenomeno delle micropiegature che può portare ad un aumento del coefficiente di attenuazione della fibra. Esistono molti tipi di rivestiemti secondari in funzione delle applicazioni a cui è destinata la fibra e per una descrizione approfondita di tali rivestimenti si rimanda alla letteratura specializzata.

 


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Alessandro Nordio, Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione, Facoltà di Ingegneria, Pisa, © Copyright 1998-99.